Nell’Occidente economicamente depresso la
precarietà è tornata ancora una volta la categoria privilegiata tramite cui
descrivere con una certa frequenza qualsiasi fenomeno in atto, che si parli
dell’esistenza degli individui o della condizione sociale generale. A livello
personale così come nella sfera pubblica, nessuno può dirsi esente dalla
possibilità che in qualsiasi momento venga radicalmente sovvertita la propria
sicurezza personale o le condizioni sociali a cui è abituato.
Inizia
così la lunga riflessione del CAE/Critical Art Ensemble basata sulla
metodologia New Alliance che propone
di re-inventare la precarietà per farne un vero e proprio strumento verso la
direzione degli ideali di pace, giustizia, equilibrio sociale: su scala globale
e locale.
Una delle cause della dilagante precarietà rimarcata dal CAE è l’amore che il capitale finanziario mostra per il rischio corso dalle classi dominanti per massimizzare il profitto del capitale finanziario. Tale rischio mette continuamente a repentaglio l’economia di interi Paesi e, a cascata, può provocare effetti farfalla[1] imprevedibili.
Una delle cause della dilagante precarietà rimarcata dal CAE è l’amore che il capitale finanziario mostra per il rischio corso dalle classi dominanti per massimizzare il profitto del capitale finanziario. Tale rischio mette continuamente a repentaglio l’economia di interi Paesi e, a cascata, può provocare effetti farfalla[1] imprevedibili.
È storicamente noto, e tristemente attuale, delle “bolle finanziarie” incrinano le fragili strutture economiche e le conseguenze sono ciò che sperimentiamo tutti noi quotidianamente: perdita del valore del denaro e stipendi ai minimi storici, perdita dei posti di lavoro, tagli all’assistenza, all’educazione, al pubblico settore. Questi dati, che stridono con il mantenimento di enormi budget militari e con i costi incontrollati della politica cosiddetta democratica, sono gli effetti di un’assenza di volontà politica ad affrontare la precarietà dei cittadini.
La proposta artistico-militante del CAE è quella di riuscire a plasmare la precarietà per farne uno strumento al servizio delle persone e della riqualificazione della sfera sociale, per arrivare infine ad eliminarne tutta la valenza negativa che inficia la nostra vita.
Questo atteggiamento permette di appropriarci dell’habitat urbano, di
vederlo con occhi nuovi e attenti, non condizionati dalla routine o da
preconcetti razionali o, peggio, indotti e, secondo
il CAE, provare a lasciare che siano i desideri inconsci
a guidare i [nostri] passi. A
questo proposito il CAE richiama l’atteggiamento filosofico e comportamentale
di completa apertura, responsabilizzazione e consapevolezza che Martin
Heidegger ha sintetizzato nell’essere-nel-mondo[3].
Naturalmente,
il compito è estremamente difficile, poiché seguendo la logica della società
dei consumi, persone, comunità, animali, ambiente, tutti compresi nella
totalità della biosfera, vengono oggi trattati come pure risorse da (appunto)
consumare e sfruttare fino al loro esaurimento. O estinzione.
Esistono
leggi per la salvaguardia di varie forme di precarietà ecologica di animali,
piante, habitat e si stanno studiando criteri più sostenibili per cercare di
spostare l’attenzione dallo sviluppo economico tout court alla ricerca di valori oggettivi per la costruzione di
un maggiore benessere e qualità della vita. Ne è un esempio l’HPI[4],
indice di Felicità del Pianeta (Happy Planet Index, o HPI) che misura, dei numerosi Stati a livello
mondiale, ciò che il PIL non prende in considerazione. I criteri di felicità
sono stabiliti da tre fattori principali: la qualità della vita, l’aspettativa di vita, l’impronta
ecologica delle politiche locali. Sono presi in considerazione valori quali le
forme di ricchezza naturale e culturale, la capacità di mettere tutto ciò in condivisione, il cibo, lo
sviluppo di discipline artistiche e musicali, il turismo, lo sport e molti
altri fattori. L’HPI misura il successo o il fallimento dei Paesi, indipendentemente
dal loro tenore di vita.
Si tratta di lavorare in controtendenza, riconoscendo il fallimento del neoliberismo e la sua sete di profitto che rimane insensibile ai danni che il CAE così enumera: cambiamento climatico, calo della biodiversità […], peggioramento della qualità dell’aria e dell’acqua, emergenze sanitarie provocate da agenti inquinanti presenti nell’ambiente.
Sono
presenti, a diversi livelli di sensibilità e gradi di applicazione, leggi per
la protezione delle specie e degli habitat a rischio ai quali si riconosce uno
status giuridico. La responsabilità dei movimenti ambientalisti è quella di far
rispettare, dove esistono, queste leggi.
La
precarietà in cui vivono le piante a rischio di estinzione (con i loro habitat)
è la stessa precarietà che vivono gli individui che, proprio oggi, tornano a
rivalutare le pratiche di orticoltura urbana, viste come fonte di sussistenza di fronte a una crisi economica che colpisce i
cittadini economicamente più fragili. L’atto creativo può consistere nel
riconoscere, immedesimandosi l’uno nell’altro, la stessa condizione di
precarietà biologica e culturale, lo stato oggettivo d’interdipendenza che ci
accomuna. Alla luce di queste analisi, il CAE propone con forza di tornare ad essere creature dotate di
intelligenza e creatività, e insieme invertire il processo di precarietà in una
forza positiva e costruttiva opposta alla generale condizione odierna, al fine di creare una simbiosi
socio-politica tra piante e persone.
[1] Il fisico Edward Lorenz presentò, il
29 dicembre 1979 alla Conferenza annuale della American Association for the Advancement of Science, una relazione
in cui ipotizzava come il battito delle ali di una farfalla in Brasile, in
seguito a una catena di possibili eventi, potesse provocare una tromba d’aria
nel Texas. Espressione metaforica della Teoria del Caos, l’effetto farfalla
evidenzia come nella gran parte dei sistemi biologici, fisici, chimici,
climatici, economici e sociali, i dettagli, anche i più piccoli, possono
interagire gli uni con gli altri fino a provocare effetti a vasta scala.
[2] Guy Debord, Théorie de la dérive, in Les Lèvres nues, n. 9, novembre 1956, Bruxelles; ripubblicato senza le due appendici in Intenationale Situationniste, n° 2, dicembre 1958, Parigi; trad.it. Internazionale Situazionista, Nautilus, Torino.
[3] Martin Heidegger, Essere e Tempo, Longanesi & C., Milano, 1976, p. 76
[4] Secondo un rapporto del NEF, new economics foundation (London) del 2007 (The (un) Happy Planet Index 2.0) l’Italia è classificata al 69° posto (su 178) dei Paesi del mondo, con un HPI di 44,0 su 100. Il Paese a livello mondiale con l’HPI più alto è la Costa Rica. Fonte: www.happyplanetindex.org.
[2] Guy Debord, Théorie de la dérive, in Les Lèvres nues, n. 9, novembre 1956, Bruxelles; ripubblicato senza le due appendici in Intenationale Situationniste, n° 2, dicembre 1958, Parigi; trad.it. Internazionale Situazionista, Nautilus, Torino.
[3] Martin Heidegger, Essere e Tempo, Longanesi & C., Milano, 1976, p. 76
[4] Secondo un rapporto del NEF, new economics foundation (London) del 2007 (The (un) Happy Planet Index 2.0) l’Italia è classificata al 69° posto (su 178) dei Paesi del mondo, con un HPI di 44,0 su 100. Il Paese a livello mondiale con l’HPI più alto è la Costa Rica. Fonte: www.happyplanetindex.org.