2012/01/13

Liberare l’immaginazione come i semi volanti


Questa uscita di luglio, sotto una calda pioggia monsonica, ci ha portati a visitare gli orti urbani privati e pubblici realizzati all’interno del quartiere San Salvario: dall’orto sospeso dello Studio 999, alle coltivazioni condivise della Casa del Quartiere, fino alla coraggiosa aiuola spontanea di piazza Nizza (fronte arrivo Metro).



Abbiamo potuto così osservare e sperimentare modi inediti di vivere lo spazio e di ricavare nicchie verdi secondo le contingenze e le necessità. Raccogliendo impressioni, racconti e opinioni dei cittadini incontrati nel comune passeggio, abbiamo rilevato la loro disponibilità verso nuove pratiche di utilizzo degli spazi pubblici e, allo stesso tempo, la difficoltà ad occuparsene. Ci siamo fatti l’idea che per far vivere un orto urbano serva, piuttosto che una partecipazione generalizzata, un piccolo gruppo di persone altamente motivate, possibilmente ben organizzate e con del tempo a disposizione. Abbiamo visto inoltre che la miglior tipologia di spazio da utilizzare è a metà tra la sfera pubblica e quella privata: la troppa esposizione (aiuole spartitraffico) porta spesso al degrado dell’orto e comunque ad un elevato grado di inquinamento, d’altra parte gli orti totalmente privati (magari nei terrazzi) non contribuiscono significativamente a migliori pratiche di interazione col vegetale. L’ideale sarebbe quindi, forse, l’utilizzo di zone condominiali condivise, leggi e litigi permettendo.






Under a warm monsoonal rain, we visited private and public vegetal back-gardens inside the central neighbourhood of San Salvario: a garden on the roof-top of Studio 999, a collective garden inside Casa del Quartiere (headquarter of local associations and activities), the intrepid spontaneous mall in Piazza Nizza (in front of the metro station).
We observed unusual ways of living the space, collecting impressions, stories and opinions from the citizens involved in urban gardening and from the passers-by.
Talking with all these persons, we discovered  that citizens are well-disposed towards all these gardening practises, but have some problems with the idea of participation. To manage a urban vegetal garden it is necessary a little group of citizens with strong motivations, a clear organization and supply of time. We also discovered that the best spaces to be cultivated are not completely private nor public: i.e., a public roundabout is much subject to pollution, to devastation, to deterioration and to instability; but a private garden on the terrace is limited in its proposal of interaction between persons and plants. Maybe we should consider as ideal ones the common gardens of an apartment house… if all the inhabitants agree.


San Salvario, 19 luglio/July 2011







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